Castrola, una diga per la siccità che verrà Paolo Serra L’Unità 12 febbraio 2012

Laghetti di Castrola

Rispolveriamo il progetto della diga di Castrola

Che dalle nostre parti ogni 15/20 anni si registri un’abbondante nevicata anche a basse altitudini non è proprio una novità. Anzi, chi, come  me, è nato sotto i bombardamenti, ricorda un’infanzia con inverni regolarmente nevosi culminanti nello spettacolare 1956 quando, ancora a metà marzo, i fornici dei portici erano colmi di neve spalata. Quasi tutti i miei coetanei possedevano uno slittino auto costruito con rottami vari ed a Porta San Vitale il rudere di un palazzo bombardato fino alle cantine diveniva una emozionante pista, un po’ troppo pericolosa peraltro, ma chi avrebbe mai potuto fermare la nostra orda di selvaggi urbani. Il fatto è che il traffico era composto quasi esclusivamente di pedoni, ciclisti e tramvie e le strade non dovevano ospitare decine di migliaia di automobili ferme ai lati che rendono complicata, a volte fisicamente impossibile, la rimozione della neve in eccesso. In questi casi bisognerebbe consentire la circolazione solo ai mezzi pubblici ed ai rifornimenti alimentari ma quale mai Sindaco avrebbe il coraggio di emanare una simile ordinanza? e le forze per farla rispettare, poi? Il fatto è che, oramai, viviamo in una cultura che ha eliminato il concetto di giorno e notte e quello di stagioni, teniamo le luci accese anche nelle stanze vuote ed illuminiamo anche i parchi chiusi di notte, pretendiamo di avere eternamente 22 gradi ovunque e che non piova mai ma, contemporaneamente, non manchi mai l’acqua. Per questo stiamo bruciando in poche decine di anni combustibili fossili che  la natura ha seppellito nel ventre della Terra in milioni di anni restituendo all’atmosfera l’anidride carbonica, ed anche parte del metano, gli ormai famosi gas serra. Il vero problema che abbiamo di fronte è la progressiva accelerata tropicalizzazione del nostro clima e del nostro habitat. Chi aveva mai visto un pesce palla fuori da un acquario? Ed alghe tropicali attaccare le praterie di pelargonie tipiche del Mediteraneo e la Vongola Verax occupare l’ambiente della nostre vecchie “poverazze” e “lupini”? I giovani manco ne conoscono il nome. E l’olivo tornato ad attecchire sui nostri colli dopo secoli? Questo vuol dire, temperature medie in aumento, prolungate siccità, rovesci di pioggia brevi ed intensi, a volte catastrofici. Quell’alternanza di siccità ed inondazioni che sta diventando ormai una consuetudine che è destinata ad aggravarsi. C’è molto da fare, e cose non utili per l’autoglorificazione dei politici  come ponti, tunnel e grattacieli. Si tratta prima di tutto di imparare a risparmiare l’acqua potabile, e non solo nelle nostre case ma, soprattutto, nelle campagne e nelle industrie, pagandola al prezzo di un bene scarso e non a quello di una fonte inesauribile. Si tratta di rispolverare progetti abbandonati di invasi che la conservino il più possibile in quota per poi erogarla quando è necessario. La diga di Castrola, il cui progetto è stato abbandonato nel 2003 per un malinteso ambientalismo, può essere il punto di partenza di un piano generale della conservazione delle acque dell’Appennino emiliano-romagnolo. Non c’è molto tempo da perdere, nel settembre scorso abbiamo rischiato i turni nell’erogazione dell’acqua, in novembre la secca del Navile ha provocato la moria dei pesci, nell’estate prossima l’acqua ad ore potrebbe diventare realtà anche nella nostra Regione, e non possiamo contare sul Pò che non ha problemi molto diversi dai nostri fiumi appenninici.

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Previsioni e lamentazioni Paolo Serra Unità 11 febbraio 2012

Previsioni, probabilità e realtà.

 Che la matematica sia la materia scolastica meno amata dagli italiani è un luogo comune, ed i luoghi comuni trovano quasi sempre giustificazioni nella realtà. La matematica richiede la sofferenza e la noia dell’analisi, mentre noi tendiamo a premiare le improvvisazioni più o meno fantasiose (ci siamo fatti affascinare dai Berlusconi e dai Vendola, mentre i Prodi e i Bersani, …che noia!, per poi cadere nelle braccia di Monti, ce lo siamo meritati). Il calcolo delle probabilità, che è alla base delle previsioni del tempo che giornalmente compulsiamo, specie in periodi come questi, si può tranquillamente ritenere la prova provata di questa nostra caratteristica, che, d’altronde, non è solo nostra ma appartiene generalmente alla specie homo sapiens, visto che deriva dal funzionamento del nostro cervello. Facciamo un esempio per chiarirci. Alla notizia: “ Domani è prevista pioggia, o neve, all’80%”, il nostro cervello, che come tutta la natura tende al risparmio energetico, al contrario della nostra cultura che tende al consumo smodato, non sta a scervellarsi tanto e sintetizza: “Domani piove”. Invece il messaggio corretto dovrebbe essere: “ Date le condizioni meteorologiche che stiamo riscontrando oggi, su 5 “domani” potrebbero essercene 4 piovosi ed uno asciutto, e nessuno può sapere se il domani “reale”  apparterrà al gruppo umido o a quello secco. E nessuno ne potrà mai essere certo neppure dopo la decimillesima o centomillesima volta che le condizioni odierne si presenteranno, la probabilità si avvicinerà sempre più alla certezza, ma non lo diventerà mai. Mettiamoci ora nei panni di un Sindaco che, di fronte alla previsione di una forte nevicata con probabilità 80%, debba decidere se chiudere o meno le scuole e se porre restrizioni al traffico privato. Se lo farà sempre sbaglierà una volta su cinque e gli elettori si ricorderanno solo di quella affibbiandogli, come minimo, il titolo di “ drammatizzatore rompic….”. Se non lo facesse mai, si prenderebbe quello del “menefreghista, tanto lui se ne sta col c… al caldo, mentre noi…”. In queste condizioni c’è da stupirsi del fatto che ci sia ancora qualcuno disposto a candidarsi, specie nelle grandi città. E allora, cari concittadini, lasciamo che vengano prese le decisioni da chi ne ha l’onere, secondo il classico principio di precauzione, in nome di quella prevenzione degli eventi alla quale l’Italia non è educata, proviamo a cominciare ad amare un po’ la matematica, ed affrontiamo i disagi con un po’ più di consapevolezza.

Paolo Serra

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L’anomalia Emiliano-Romagnola degli aeroporti L’Unità 3 febbraio 2012 paolo serra

AEROPORTI IN REGIONE

 

Da un punto di vista prettamente economico che una regione con meno di quattro milioni di abitanti (la sola Londra ne ha otto) e 22.000 kmq di superficie  abbia quattro aeroporti civili, Parma, Bologna, Forlì e Rimini (più Reggio Emilia in eterna lista d’attesa) e due militari, Cervia e Poggio Renatico, è semplicemente folle e dovuto al fatto che sono supportati da fondi pubblici. Peraltro la situazione è pressoché la stessa in tutto il Bel Paese. Ciononostante c’è addirittura chi ne propone di nuovi, vedi Perugia, sempre con investimenti pubblici. Da vent’anni si parla in sede regionale, e da meno in sede nazionale, di una razionalizzazione delle strutture. Basterebbe lasciar fare al mercato e sarebbe una falcidie. In Emilia-Romagna rimarrebbe solo Bologna (e, forse, Parma, poco più di un aeroclub privato). D’altronde tutto il settore dell’aviazione civile gode, in tutto il mondo di privilegi incredibili: zero tasse sul cherosene, niente Iva sui biglietti, miliardi di euro e dollari elargiti a fondo perduto alle compagnie ed agli aeroporti da governi centrali e locali. Al confronto ai sistemi ferroviari, additati universalmente come fonti di dissesto dei conti pubblici, vengono elargiti degli spiccioli. La situazione, complicata dall’impatto ambientale e dalla necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, però, e destinata a modificarsi, e segnali, da più parti, già si sentono. Per questo scommettere troppo sulle “magnifiche sorti, e progressive”, del trasporto aereo, enfatizzato da un low cost destinato, inevitabilmente, a sgonfiarsi, potrebbe essere incauto. Conviene recuperare quel “ buon senso del padre di famiglia”  che, dai tempi di  Adam Smith, ha sempre meno successo in scienza economica, specie dopo gli eccessi della smodata finanziarizzazione.

 

Ed allora, per quel che ci compete, razionalizziamo, e saranno dolori per qualcuno, forse per tutti. Non dobbiamo dimenticare, però, che noi abbiamo due problemi in più: l’impatto ambientale del Marconi su tutta la parte nord di Bologna ed i problemi strutturali che ne impediscono l’espansione dandogli un tetto invalicabile di circa 9 milioni di passeggeri. Dal lato terra c’è la necessità di spostare l’aerostazione costruendone una nuova, dal lato aria limiti non superabili contrastano il necessario ampliamento del piazzale aeromobili. Basta leggere il master plan presentato nel giugno scorso da Sab per rendersene conto, lo trovate nel sito della Provincia di Bologna. Ma lo si sapeva già da 10 anni: unica soluzione utilizzare l’aeroporto di Forlì come seconda pista di Bologna sfruttando il collegamento ferroviario, esistente, con una navetta veloce, come studiato alla fine degli anni ‘90 da Battelle di Ginevra e da Bechtel di San Francisco, le massime autorità mondiali del settore.

 

Paolo Serra      www.tizianagentili.it

 

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TAXI DRIVERS UN’IDEA PER LIBERALIZZARE paolo serra l’unità 22 gennaio 2012

TAXI  DRIVERS

Dal punto di vista dei consumatori la necessità di liberalizzare il settore dei taxi è evidente. Altrettanto evidente che oltre 20.000 taxisti, che hanno dovuto investire decine o centinaia di migliaia di euro per una licenza (per il 2011 a Bologna si parla di 250.000 euro), ne avrebbero un danno che considerano iniquo ed insopportabile. La proposta del Governo pare sia quella di compensare il danno assegnando loro parte delle nuove. Non sembra risolutiva perché rimarrebbe in piedi la causa prima del coagularsi di questo blocco corporativo, la compra-vendita di licenze che dovrebbero essere individuali e scadere automaticamente al termine dell’attività. Che fare, dunque? Rassegnarsi ad assistere ad un lungo braccio di ferro con serrate dei taxisti (erroneamente chiamate scioperi), blocchi stradali più o meno leciti, fino agli immancabili episodi di violenza e controviolenza? La soluzione ci sarebbe. Azzerare la situazione comprando tutte le licenze esistenti, Comune per Comune, e rimettendole sul mercato all’asta in affitto nel numero necessario per ottimizzare il servizio. I contratti potrebbero avere durata di 8 anni, per l’ammortamento del mezzo, e gli affittuari avrebbero priorità per l’eventuale rinnovo. Questa soluzione, però, cozza con lo stato delle finanze comunali. Prendiamo il caso di Bologna dove ci sono 706 taxi e le chiamate sono circa 1.200.000 al centralino (4/5 al giorno a testa), cui vanno aggiunte quelle ai posteggi e gli accessi diretti, e il giro d’affari dichiarato di circa 30.000 euro a taxi (80 euro al giorno, 8 corse a 10 euro di media). Se il Comune dovesse comperare 706 licenze a 250.000 euro l’una avrebbe bisogno della spropositata cifra di 176 milioni di euro ed ammettendo un canone di 8 euro al giorno incasserebbe 2 milioni l’anno (poco più dell’1% del capitale investito). Niente da fare, allora? In realtà, però, alla emissione le ultime 41 licenze sono state emesse a 150.000 euro l’una (in gran parte redistribuiti alle esistenti)  e le precedenti a costo zero. Si tratta di stabilire quale sia l’equo prezzo di ciascuna licenza, cioè il costo di acquisto iniziale detratto il canone virtuale per ogni anno di utilizzo, diciamo 3000 euro l’anno. Così si indennizzerebbe il costo reale della licenza ed i taxista rinuncerebbe solo all’atteso lucro della futura rivendita. Non siamo in grado, ora, noi, di fare i reali conti, in quanto non sappiamo quante licenze siano ora ancora in mano al primo intestatario, né quante ne siano state scambiate e a quali prezzo, ma i contratti sono registrati e non dovrebbe essere difficile arrivare alla cifra necessaria. Abbiamo, però, anche, la sensazione, che un migliaio di licenze in affitto spunterebbero, oggi, più di 3000 euro l’anno.  Forse, allora, la proposta non è così impercorribile.

Paolo Serra    www.tizianagentili.it

 

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Ridestinazione fondi ex metro-tranvia bolognese lettera collettiva al Sindaco 13 gennaio 2012

 

SFM stazioni urbane - copertura territorio

Al Sindaco del Comune di Bologna,

al Presidente della Regione Emilia-Romagna,

e, p.c.,

ai Sindaci dei Capoluoghi di Provincia della Regione

ai Presidenti di Provincia della R.E.R,

ai Sindaci dei Comuni della provincia di Bologna e limitrofi,

ai Presidenti dei Quartieri di Bologna interessati.

Bologna, 13 gennaio 2012.

Oggetto: Ridestinazione fondi ex metro-tranvia bolognese

 

Pare accertato che il CIPE, a breve, formalizzerà il passaggio dei fondi precedentemente assegnati alla metrotranvia di Bologna verso il Servizio Ferroviario Metropolitano e verso la rete di filobus urbani bolognesi. Si tratta di 237 (o 220) milioni, dei 267 precedentemente assegnati al progetto, sul quale sarebbero dovuti convergere, inoltre, 7,7 milioni di RFI, 5,5 della Regione Emilia-Romagna e 108 del Comune di Bologna.

Ricordando che la diversione di un passeggero dall’auto al SFM comporta un risparmio di 25 km in media, mentre quella dall’auto al TPL di circa 3 km, noi crediamo che la nuova ripartizione dei fondi debba convergere prioritariamente sul completamento della infrastrutturazione del SFM e sull’acquisto di materiale rotabile adatto da assegnare in comodato ai gestori in cambio di detrazioni sul costo del servizio.

A tutt’oggi sono da completare gli incroci sulla Vignola – Bologna – Portomaggiore, l’interramento della Bologna-Budrio (a doppio binario e non singolo come ora progettato), le stazioni urbane di San Vitale-Rimesse, Sant’Orsola, Zanardi, Prati di Caprara, Fiera ed anche la stazione Aeroporto completa, a cavallo di due linee passanti, dalla quale si potrebbe far partire un semplice collegamento a fune con l’aerostazione, valido anche per il suo futuro assetto. Ciò renderebbe non necessario il progettato People Mover dalla Centrale ma renderebbe possibile l’accesso diretto all’aeroporto da tutto il territorio provinciale e da tutti gli altri capoluoghi di provincia (tranne Ferrara, che, peraltro è già collegata al Marconi con un bus diretto). Questo eviterebbe un inutile tragitto aggiuntivo a tutti gli utenti dei quadranti ovest e nord e ovest del Marconi ed a tutti gli altri la rottura di carico nella congestione della Centrale di Bologna, che resterebbe, comunque, collegata da minimo sei treni ogni ora.

L’accordo sui finanziamenti al SFM, frutto di una forte iniziativa delle istituzioni locali, cambia oggettivamente lo scenario strategico in cui fu concepito il People Mover. Infatti, uno degli argomenti prioritari al momento della sua ideazione, come nella fase del bando di gara e successive, era la mancanza di risorse e quindi l’incertezza sul futuro del SFM: questioni oggi superate dall’intesa raggiunta da Regione, Provincia e Comune con il Governo, per cui anche i 27 milioni di fondi della RER ed i 2,7 di SAB, previsti per il People Mover Marconi Express, potrebbero essere fatti convergere sul SFM.

 

Secondo il rapporto 2011, presentato dal Comitato per il Nodo (pag. 108), per la parte infrastrutturale e tecnologica sono da reperire 32 milioni, ai quali aggiungere  il raddoppio della canna interrata della parte urbana della Bologna-Budrio (senza il quale non sarebbe possibile raggiungere le frequenze previste), per le stazioni 17 milioni, ai quali aggiungere le maggiori spese per la parte nord della Stazione Aeroporto/Borgo Panigale Scalo e per il relativo collegamento con l’aerostazione, e per il materiale rotabile 140 milioni. Uno sforzo ingente ma non impossibile date le risorse complessivamente disponibili, cui aggiungere anche i 7,7 di RFI ed i 5,5 di RER.

Per la gestione lo stesso rapporto prevede il passaggio del contributo pubblico annuale dai 38 milioni attuali a 55,4 a servizio implementato. Tali risorse possono venire reperite sia da un aumento tariffario giustificato dalla ottimizzazione del servizio sia dalla leva fiscale dell’addizionale del 10% della tassa di circolazione autoveicoli non utilizzata a partire dal 2001.

 

Paolo Serra – Fioretta Gualdi – Ugo Mazza – Alberto Croce – Andrea De Pasquale –Pietro Maria Alemagna – Sergio Caserta – Otello Ciavatti – Ivan Cicconi – Maddalena Piccolo – Giancarlo Mattioli – Vanni Pancaldi – Paolo Galletti – Giorgio Quarantotto –  Adriana L’Altrelli – Daniela Valdiserra – Derek Jones – 

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