L’anomalia Emiliano-Romagnola degli aeroporti L’Unità 3 febbraio 2012 paolo serra

AEROPORTI IN REGIONE

 

Da un punto di vista prettamente economico che una regione con meno di quattro milioni di abitanti (la sola Londra ne ha otto) e 22.000 kmq di superficie  abbia quattro aeroporti civili, Parma, Bologna, Forlì e Rimini (più Reggio Emilia in eterna lista d’attesa) e due militari, Cervia e Poggio Renatico, è semplicemente folle e dovuto al fatto che sono supportati da fondi pubblici. Peraltro la situazione è pressoché la stessa in tutto il Bel Paese. Ciononostante c’è addirittura chi ne propone di nuovi, vedi Perugia, sempre con investimenti pubblici. Da vent’anni si parla in sede regionale, e da meno in sede nazionale, di una razionalizzazione delle strutture. Basterebbe lasciar fare al mercato e sarebbe una falcidie. In Emilia-Romagna rimarrebbe solo Bologna (e, forse, Parma, poco più di un aeroclub privato). D’altronde tutto il settore dell’aviazione civile gode, in tutto il mondo di privilegi incredibili: zero tasse sul cherosene, niente Iva sui biglietti, miliardi di euro e dollari elargiti a fondo perduto alle compagnie ed agli aeroporti da governi centrali e locali. Al confronto ai sistemi ferroviari, additati universalmente come fonti di dissesto dei conti pubblici, vengono elargiti degli spiccioli. La situazione, complicata dall’impatto ambientale e dalla necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, però, e destinata a modificarsi, e segnali, da più parti, già si sentono. Per questo scommettere troppo sulle “magnifiche sorti, e progressive”, del trasporto aereo, enfatizzato da un low cost destinato, inevitabilmente, a sgonfiarsi, potrebbe essere incauto. Conviene recuperare quel “ buon senso del padre di famiglia”  che, dai tempi di  Adam Smith, ha sempre meno successo in scienza economica, specie dopo gli eccessi della smodata finanziarizzazione.

 

Ed allora, per quel che ci compete, razionalizziamo, e saranno dolori per qualcuno, forse per tutti. Non dobbiamo dimenticare, però, che noi abbiamo due problemi in più: l’impatto ambientale del Marconi su tutta la parte nord di Bologna ed i problemi strutturali che ne impediscono l’espansione dandogli un tetto invalicabile di circa 9 milioni di passeggeri. Dal lato terra c’è la necessità di spostare l’aerostazione costruendone una nuova, dal lato aria limiti non superabili contrastano il necessario ampliamento del piazzale aeromobili. Basta leggere il master plan presentato nel giugno scorso da Sab per rendersene conto, lo trovate nel sito della Provincia di Bologna. Ma lo si sapeva già da 10 anni: unica soluzione utilizzare l’aeroporto di Forlì come seconda pista di Bologna sfruttando il collegamento ferroviario, esistente, con una navetta veloce, come studiato alla fine degli anni ‘90 da Battelle di Ginevra e da Bechtel di San Francisco, le massime autorità mondiali del settore.

 

Paolo Serra      www.tizianagentili.it

 

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