Previsioni e lamentazioni Paolo Serra Unità 11 febbraio 2012

Previsioni, probabilità e realtà.

 Che la matematica sia la materia scolastica meno amata dagli italiani è un luogo comune, ed i luoghi comuni trovano quasi sempre giustificazioni nella realtà. La matematica richiede la sofferenza e la noia dell’analisi, mentre noi tendiamo a premiare le improvvisazioni più o meno fantasiose (ci siamo fatti affascinare dai Berlusconi e dai Vendola, mentre i Prodi e i Bersani, …che noia!, per poi cadere nelle braccia di Monti, ce lo siamo meritati). Il calcolo delle probabilità, che è alla base delle previsioni del tempo che giornalmente compulsiamo, specie in periodi come questi, si può tranquillamente ritenere la prova provata di questa nostra caratteristica, che, d’altronde, non è solo nostra ma appartiene generalmente alla specie homo sapiens, visto che deriva dal funzionamento del nostro cervello. Facciamo un esempio per chiarirci. Alla notizia: “ Domani è prevista pioggia, o neve, all’80%”, il nostro cervello, che come tutta la natura tende al risparmio energetico, al contrario della nostra cultura che tende al consumo smodato, non sta a scervellarsi tanto e sintetizza: “Domani piove”. Invece il messaggio corretto dovrebbe essere: “ Date le condizioni meteorologiche che stiamo riscontrando oggi, su 5 “domani” potrebbero essercene 4 piovosi ed uno asciutto, e nessuno può sapere se il domani “reale”  apparterrà al gruppo umido o a quello secco. E nessuno ne potrà mai essere certo neppure dopo la decimillesima o centomillesima volta che le condizioni odierne si presenteranno, la probabilità si avvicinerà sempre più alla certezza, ma non lo diventerà mai. Mettiamoci ora nei panni di un Sindaco che, di fronte alla previsione di una forte nevicata con probabilità 80%, debba decidere se chiudere o meno le scuole e se porre restrizioni al traffico privato. Se lo farà sempre sbaglierà una volta su cinque e gli elettori si ricorderanno solo di quella affibbiandogli, come minimo, il titolo di “ drammatizzatore rompic….”. Se non lo facesse mai, si prenderebbe quello del “menefreghista, tanto lui se ne sta col c… al caldo, mentre noi…”. In queste condizioni c’è da stupirsi del fatto che ci sia ancora qualcuno disposto a candidarsi, specie nelle grandi città. E allora, cari concittadini, lasciamo che vengano prese le decisioni da chi ne ha l’onere, secondo il classico principio di precauzione, in nome di quella prevenzione degli eventi alla quale l’Italia non è educata, proviamo a cominciare ad amare un po’ la matematica, ed affrontiamo i disagi con un po’ più di consapevolezza.

Paolo Serra

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