“IL FUTURO DEL MARCONI” Paolo Serra l’Unità 4 maggio 2012

L’aeroporto di Forlì e la miopia di SAB-CCIAA

 

La società di gestione dell’aeroporto Marconi, Sab, ha rigettato la proposta della Regione di integrarsi con la Seaf che gestisce il Ridolfi, l’aeroporto di Forlì, e si oppone, giustamente, anche a quella con Rimini. Per scoprire che quattro aeroporti lungo i 220 km della via Emilia da Parma a Rimini siano economicamente insostenibili non c’era certo bisogno di scomodare i consulenti della Price Waterhouse Coopers, salta agli occhi a chiunque. Solo l’incancrenita vecchia idea di una Regione come Federazione di Provincie, mai del tutto cancellata dall’universo mentale dei nostri amministratori, è riuscita a farci giungere alla situazione attuale dopo che da vent’anni si studiano impossibili integrazioni. Nel frattempo gli Enti Locali romagnoli e la Regione ne hanno tenuti due  in piedi artificialmente. Ora le vacche sono molto dimagrite ed il poco latte che secernono non può certo essere versato alle compagnie low cost per tenere in piedi aziende deficitarie. Tutto risolto dunque? Resterà solo Bologna? Forse no, perché gli aeroporti sono aziende molto speciali che oltre a produrre collegamenti aerei emettono un sottoprodotto molto spiacevole per chi abita nelle loro vicinanze, rumore ad alti livelli. Il Marconi, è straordinariamente vicino al centro di Bologna, meno di 5 km fra lo sbocco della pista 12 e piazza Maggiore, come hanno potuto notare tutti quelli che vanno al Cinema in Piazza d’estate e qualche pilota riesce a strappare ad Enav la direttissima per Firenze. 70 decolli giornalieri verso sud est deliziano orecchie e sistema nervoso di molte decine di bolognesi, che, ultimamente, hanno inviato una petizione al Sindaco firmata da quasi 3000 persone. Il Marconi ha in questa vicinanza la sua maggior carta commerciale me anche il suo insuperabile handicap di medio o lungo termine. Meglio sarebbe, dunque, tenersi una carta di riserva, ancor più giustificata dalla impossibilità di riorientare la sua unica pista o di farne una seconda parallela od ortogonale che sia. Diagnosticare una miopia aziendale della Sab, però, non è perfettamente corretto. Più giusto accollarla all’azionista di maggioranza, assoluta, la CCIAA di Bologna che, a cavallo del secolo, voleva farne un vassallo di Francoforte, cosa che avrebbe assicurato eccellenti risultati economici a breve ma avrebbe amputato ogni possibilità di evoluzione aziendale in risposta a quelle del mercato. Per fortuna il management oppose una lunga e tenace resistenza all’azionista, altrimenti la Sab avrebbe assistito impotente alle successive crisi degli hub intercontinentali per intasamento, allo sviluppo del point to point, ed all’esplosione del low cost. Addirittura con poco sforzo finanziario fu acquistato il 60%  della Seaf, con opzione per il resto, con l’obiettivo di fare di Forlì, nel tempo, la seconda pista del Marconi e lanciare sul mercato del volo aereo una doppia offerta molto attraente anche se troppo innovativa per quei tempi. Successivamente la Camera di Commercio decise di gestire direttamente la Sab, per fortuna il tempo degli hub and spoke era definitivamente tramontato ma l’ansia del breve termine fece rivendere le azioni Seaf alla Regione che ha sì cercato di liberarsene ma, di fronte all’interessamento del gruppo Benetton, si è immediatamente data alla ricerca di soluzioni interne. Quindi non c’è solo il problema ambientale sottovalutato che sfugge agli occhiali della CCIAA ma anche la possibilità che uno dei gruppi più dotati di liquidità del paese entri a Forlì, col benestare del vecchio amico Passera,  e ne faccia la base nazionale di qualche vettore low cost, magari, perché no, associandovisi. Allora si che sarebbero dolori…

 

 

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