La (mini) società dello spettacolo l’Unità 24 agosto 2012 paolo serra

La (mini) società dello spettacolo.

Tutta questa discussione ferragostana sulle apparizioni a pagamento in tv locali dei consiglieri regionali Favia e Casadei ( ma anche Noè, Bignami, Bernardini, Naldi e Sconciaforni) oltre che abbastanza stucchevole mi pare anche fuorviante. A parte le diversità dei casi, perché Casadei ha agito in evidente buonafede mettendo le registrazioni sul suo stesso sito web, è del tutto ovvio che i “peones” che non hanno “santi in paradiso” siano costretti a pagare per cercare di comunicare con quell’ampio strato di popolazione ipnotizzato da decenni prima dai cinescopi catodici, ora dai led. La cosa strana è che lo facciano anche  consiglieri del centrodestra visto che le proprietà sono tutte piuttosto schierate su quel versante e non tutti i giornalisti hanno il coraggio della indipendenza. Per fare un esempio: c’è stata qualche tv locale che abbia informato i propri telespettatori bolognesi che qualcuno stava raccogliendo firme per un referendum sul finanziamento comunale alle scuole cattoliche? Resta il fatto è che comunicare solo al popolo del web è penalizzante, la maggioranza degli elettori ancora non lo frequenta, mentre i lettori della carta stampata sono sempre meno, quindi o bere o affogare…

Certo che la deontologia dei giornalisti non fa una bella figura. Ma siamo nella “Civiltà dello spettacolo”  profetizzata da Guy Debord fin dal 1967, dove anche i giornalisti non sono altro che attori che recitano un copione già scritto, specie quelli che frequentano i teleschermi… Non avete notato che parlano e si muovono quasi tutti nella stessa maniera stereotipata con annessi idioletti? quanti indici ad uncino sopra il labbro superiore vediamo ogni giorno per simulare improvvisazione in una domanda concordata?

Quanto ai politici se Reagan è diventato presidente degli USA (e  Schwarzenegger  della California) e Berlusconi a forza di cerone sulla faccia e catrame sul cranio ha incantato milioni di elettori vorrà pur dire qualcosa… (per non parlare della new entry Grillo che, forse, è troppo tirchio per pagare comparsate in tv, ma gela il sangue nelle vene al pensiero dello tsunami di qualunquismo che scatenerebbe se avesse a disposizione anche solo una rete e non le cinque che ha avuto Berlusconi).

Ed allora  fino a che punto è giusto scandalizzarsi della cultura nella quale siamo tutti immersi da almeno quarant’anni?

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