Replica del Comitato alla risposta dell’assessore Orioli 20 ottobre 2016

rotte-decolloCOMITATO PER LA COMPATIBILITA’AEROPORTO-CITTA’ DI BOLOGNA

 

Gentile  Assessore Valentina Orioli

nel ringraziarla per la sollecita risposta alla nostra petizione sui disagi dovuti al traffico aereo sulla zona nord di Bologna, desideriamo approfondire alcuni punti, peraltro già contenuti nelle nostre richieste.

  • Ci pare che la tabella a pag. 4 della sua risposta sulla variazione della esposizione della popolazione al rumore dovuta al cambio di procedure 2012/2013 per essere chiaramente  intelligibile avrebbe dovuto riportare valori assoluti e non percentuali. Non comunica, infatti, il numero di persone reali coinvolte, anzi, pare che i maggiori effetti (-46% e -39%) abbiano interessato le fasce sotto i 60 dB, ovvero quelle che già non risentivano del rumore.
  • Nell’incontro avuto in Quartiere Navile nel luglio scorso è stata mostrata una tabella che asserisce una diminuzione del numero di residenti disturbati a livelli di Lva oltre i 65 dB dai 4.650 del 2003 ai 2.956 del 2015 (esiste però anche chi lavora in zona ma non vi risiede). Ammesso che i numeri siano reali, questa ci pare la miglior dimostrazione che l’attuale legislazione basata su un valore medio spalmato nelle due fasce diurno e notturno sia ampiamente superata e vada rivista radicalmente secondo gli esempi belga (creazione di una terza fascia vespertina) e inglese (tetto al rumore di ogni singolo passaggio con sanzioni al pilota ed al vettore). In Italia stiamo ancora aspettando, da oltre 10 anni, la regolamentazione applicativa della legge in vigore. Va rimarcato che l’indice LVA è clamorosamente inadeguato in quanto media statistica focalizzata sulle 3 settimane (1 per ogni quadrimestre) e non sul rumore puntuale del singolo velivolo. Dobbiamo ricordare che gli effetti migliorativi dovuti al D.Lgs. 194/2005 attengono quasi esclusivamente alla progressiva eliminazione degli aerei CAP 1 e CAP 2.
  • Per quanto riguarda la ricerca epidemiologica ci sfugge il significato della richiesta di una ipotesi di lavoro alla Ausl. Esiste già una metodologia S.E.R.A adottata per almeno 5 aeroporti italiani e non si vede la ragione di nuove ipotesi. Ci preoccupa anche l’accenno al reperimento delle risorse, ci pare che dopo decenni di esposizione al rumore la priorità dovrebbe essere ovvia.
  • Apprezziamo la richiesta al MATTM di informazioni sullo stato dell’arte dell’adeguamento della legge attuale ma facciamo notare che i 18 mesi concessi dalla legge n.161 del 30/10/2014 sono, evidentemente, scaduti il 30/04/2016 e non si hanno notizie sull’argomento, il che la dice lunga sulle intenzioni reali di Governo e Parlamento.
  • Concordiamo che il coinvolgimento dei responsabili operativi del traffico aereo (ENAC in primis) sia determinante per il miglioramento della situazione sopra le teste di non meno di 40.000 cittadini bolognesi. Riteniamo, però, che il Comune, come responsabile della salute e della qualità della vita degli stessi, e la Ausl che è responsabile della prevenzione, non possano limitarsi ad innescare i processi ma assumere funzioni di protagonisti politici della difesa dei cittadini. Vanno in questo senso, ad esempio,  le proposte indicate ai nn.9 e 13 della petizione, che sono state attuate in Belgio prima dell’ampliamento dell’aeroporto Gosselies Charleroi d’impulso della Regione Vallonia senza che fosse necessaria un’autonoma iniziativa dei cittadini.
  • In tutti questi anni l’Enac non si è mai presentato al confronto pubblico (ed il primo comitato risale ai tempi del Sindaco Vitali). Ribadiamo la necessità di un organismo di dialogo permanente o, quantomeno, la partecipazione diretta del Comitato al Gruppo Tecnico sul Rumore Aeroportuale ed alla Commissione Aeroportuale o, quantomeno, l’apertura al pubblico delle sedute di quest’ultima con diritto d’intervento.
  • Sappiamo bene che il valore delle rendite catastali è definito dall’Agenzia delle Entrate, ma non condividiamo l’affermazione che “non è nelle competenze del Comune intervenire sulla definizione dei valori della rendita”. I Comuni hanno concreti poteri di intervento sul classamento di singole unità immobiliari come richiamato nel Protocollo d’Intesa tra Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) e Comune di Bologna del 6 novembre 2012 confluito nel Patto per la legalità fiscale e sociale del 5 ottobre 2015.

 

Auspichiamo che entro la primavera prossima siano state prese misure concrete per affrontare il periodo estivo in maniera meno angosciante di quello appena trascorso.

Per il Comitato per la compatibilità aeroporto – città di Bologna

 

Gianfilippo Giannetto

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COLATA DI IDICE lettera a Repubblica 11 ottobre 2016

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Francamente stucchevole la discussione sui media della “colata” di Idice, e datata.
Tanto per cominciare non bisognerebbe mai dimenticare che nel “bel paese” non esiste una legge nazionale dei suoli, ovvero gli enti locali non hanno uno strumento “reale” per contrastare la rendita fondiaria. Nel 1963 il ministro Fiorentino Sullo (DC) che aveva osato proporne una allineandosi alle migliori pratiche europee fu selvaggiamente defenestrato da una sollevazione che vide in primissima fila il Vaticano, proprietario di circa il 25% dei terreni attorno ai centri storici di quasi tutte le città. vedi:http://archivio.eddyburg.it/article/articleview/9489/0/273/
Da allora la rendita “decide” in ultima istanza il reale sviluppo urbanistico in barba a piani regolatori o piani strutturali che dir si voglia, e lo stato delle nostre periferie lo conferma. I Comuni, così, possono al massimo decidere chi e cosa premiare.
A Bologna le cose sono andate un po’ meglio, ma non tanto poco, sia per la lungimiranza di un assessore allora piuttosto “contestato” Armando Sarti che, unico in Italia, non ebbe paura di impegnare il massimo di risorse comunali dotandosi di un demanio di aree al quale la città non ha ancora finito di attingere, sia per la, ora deprecata ma allora benefica, presenza di aziende cooperative che seguendo il Comune compravano le aree limitrofe contando sul “naturale” incremento del valore. Quasi tutte le maggiori città italiane si sognano periferie come il Fossolo o Marco Polo. I privati, velocemente, si accordarono con le Coop evitando di farsi concorrenza ed costruendo una posizione di forza cumulativa che cominciò a fare i suoi danni al volgere del secolo, in viale Masini e in via Stalingrado ce ne siamo accorti, quest’ultima dopo un braccio di ferro durato 6 o 7 anni.
Quello che non hanno capito le cooperative, e molti privati, è che il tempo della espansione è finito, il risparmio del suolo è la bandiera delle amministrazioni del 21° secolo a partire dai Comuni per finire alla U.E. e la base del business, l’incremento del valore dei suoli nel passaggio da agricolo a residenziale, è svanita.
Invece di sognare espansioni inesistenti sarebbe bene si attrezzassero, anche culturalmente, per le enorme necessità del recupero urbano delle aree industriali dismesse e della conversione energetica del già costruito.

Paolo Serra  Bologna

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