LE RAGIONI DEI TRENI SFM paolo serra l’unità 28 dicembre 2011

People Mover – Una ragione di più…

 

Servizio Ferroviario Metropolitano Bologna ASSETTO FINALE

“C’è una ragione di più…” cantava con la sua voce splendidamente sensuale Ornella Vanoni, producendo brividi nella schiena degli ascoltatori di sesso maschile che, nel loro immaginario, si candidavano a sostituire l’indegno amante abbandonato. Sperando che sia piaciuta a Merola e Colombo (e Peri) anche noi intoniamo, pur con la voce gracchiante cui ci costringono le polveri fini bolognesi: “C’è una ragione di più per sostituire il progetto del People Mover con un uso razionale dei Servizi Ferroviari, Regionale e Metropolitano (SFR e SFM).” E la ragione, ovviamente, è che pare accertato che il CIPE  entro fine anno formalizzi il passaggio dei fondi assegnati alla metro-tranvia di Bologna sul SFM e sulla rete di filobus urbani. Si tratta Di una bella sommetta variabile da 220 a 237 milioni, e non 267 come precedentemente annunciato. Infatti il Ministero ha defalcato 30 milioni di Fondi Aree Sottosviluppate (FAS) dell’UE, non riuscendo, logicamente, a far rientrare Bologna in questo gruppo. La stessa logica, speriamo, ispiri anche la Regione Emilia-Romagna (RER) che, al contrario, finanzia il People Mover, in teoria privato, con gli stessi FAS.  Nel progetto della metro-tranvia convergevano, inoltre, anche 7,7 milioni di RFI, 5,5 della RER e 108 di palazzo D’Accursio, come si vede tanta trippa per i gatti…

Cade così una delle ragioni che sono state sbandierate agli oppositori del People Mover sia sulla stampa, sia nella sede della Commissione Consigliare: la, cosiddetta, inaffidabilità del SFM,  che con questa iniezione di fondi ed il recupero dei binari a fine lavori della Stazione A/V non vorremmo più sentire pronunciata dai nostri pubblici amministratori, che ne dovrebbero essere, eventualmente, i responsabili e non i denunciatari. Si apre ora il dibattito su come ripartire i fondi. Credo che se, al posto delle solite dispute su preconcetti, ci dessimo una regola di misura oggettiva ci  risparmieremmo energie, magari da usare in contesti più gravosi. Si tratta di misurare le quantità di gas inquinanti e di anidride carbonica risparmiate  rispettivamente ai nostri polmoni ed all’effetto serra. La diversione di un viaggiatore del SFM dalla tirannia dell’automobile risparmia in media 25 km, ogni viaggiatore di filobus circa 3 km. Il rapporto 8 a 1 non dovrebbe lasciare adito a dubbi sulla priorità. Avanti a tutta forza con treni, da dare in comodato ai gestori del servizio in cambio di sconti sul costo dello stesso, con le linee da completare tecnicamente (Vignola – Bologna- Portomaggiore) o da interrare a doppio binario (Bologna-Budrio) e con le stazioni da completare, San Vitale-Rimesse, Sant’Orsola, Zanardi, Prati di Caprara, Fiera ed anche Aeroporto completa, a cavallo di due linee, per rendere inutile il People Mover. Immagino che qualcuno obietterà la solita tiritera: “Ma questi sono investimenti, e la gestione? Dove troverà la RER i soldi per la contribuzione pubblica alle tariffe?” A parte che un servizio di livello nord-europeo può essere pagato di più dai fruitori senza essere considerato un furto, come, giustamente, ora, c’è sempre il serbatoio dell’addizionale del 10%  alla tassa di circolazione. 24 euro all’anno per una media cilindrata, la maggior parte degli automobilisti non si è neppure accorta della differenza quando, nel 2001, la RER la tolse, rinunciando a 60 milioni l’anno, un tesoretto che, adeguatamente riversato sul TPL e sul SFR, avrebbe certamente giovato alle centinaia di migliaia di pendolari della nostra regione.

 

Paolo Serra

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Una rete di treni per la città metropolitana paolo serra 9 dicembre 2011

SERVIZIO FERROVIARIO METROPOLITANO: QUESTO SCONOSCIUTO

Paolo Serra   l’UNITA’ 9 dicembre 2011

Da un’indagine del Medec pare che solo il 52% dei bolognesi sia a conoscenza del SFM, male sanabile con una campagna informativa mirata. Ma anche chi ne ha sentito parlare, e purtroppo, a quanto pare, amministratori e tecnici del Comune di Bologna del post Vitali, lo concepisce come un mozzo (la Stazione Centrale) verso il quale convergono i raggi delle otto linee (Porretta – Bazzano – Modena – Verona – Ferrara – Budrio – Imola –Firenze) più il braccetto verso la Fiera. Questa, però, è una concezione distorta e riduttiva, figlia di una visione del territorio superata da almeno trent’anni. Quella di una città principale concentrata in un Centro Storico collegata con i Centri Storici di alcune cittadine secondarie tramite stazioni ferroviarie  poste il più vicino possibile ai centri stessi. Lo sprawl urbano (sparpagliamento) ha fatto piazza pulita di questa concezione e le progettazioni infrastrutturali di Vitali ne tennero ben conto. Da allora il SFM viene continuamente citato come strategia basilare per contenere lo sprawl ed evitarne lo sviluppo. Non più hub and spoke (mozzo e raggi) ma web (rete) con linee passanti (che fortuna non avere una stazione di testa come Firenze o Milano!) e nodi di interscambio. Il nostro SFM ha, certo, 5 linee passanti dalla Centrale, ma ne ha 4 anche a San Vitale – Rimesse e Prati di Caprara e 2  a Borgo Panigale ed Aeroporto. Questo allarga incredibilmente le possibilità del servizio, accorcia i tempi e consente sinergie impensabili con  il vecchio modello. Non solo si potrà andare senza cambiare da Pianoro a Porretta, da Budrio a Bazzano, da San Ruffillo a Crevalcore, e da Imola a Ferrara, ma da San Vitale si potrà andare direttamente ovunque, tranne Modena, da Prati di Caprara ovunque, tranne Ferrara e Imola. Ed il Marconi con il progetto Tecnicoop  che presentò la Sab nel 2000, potrebbe essere raggiunto direttamente da 69 fermate del SFM e da 8 capoluoghi di provincia (esclusa Ferrara) e, comunque, da 8 treni ogni ora dalla Centrale.

La domanda sorge spontanea: ma il Comune di Bologna considera veramente il SFM come asse strategico cardine di tutto il trasporto pubblico dell’area metropolitana, quella grande urbanizzazione diffusa che esiste già per la vita quotidiana dei cittadini e che stenta a trasferirsi nella pratica amministrativa e, quel che è peggio, nella visione politica degli amministratori? Non pare, se proprio due dei nodi non sono stati ancora costruiti (San Vitale e Prati) ed il terzo (Aeroporto)  è stato interrotto al grezzo, se il 16° binario della Centrale è stato immolato al People Mover, se ben tre proposte di sinergia dell’SFM con il Marconi (1994 Sasib-Railwais, 2000 Sisplan-Assindustria, 2000 Tecnicoop-Sab) sono state ignorate o affossate da Guazzaloca e non più riprese dai suoi successori, se l’interramento urbano della Bologna-Budrio verrà fatto ad un solo binario precludendo ogni sviluppo futuro. Di fronte a questa valanga di indizi quale giudice proscioglierebbe l’imputato?

Proprio per queste ragioni dal 2001 c’è chi si è battuto, e continua a battersi, contro tutte le progettazioni infrastrutturali che non tengono conto del SFM o, peggio, lo indeboliscono, siano la Mab ed il Civis di Guazzaloca, siano la Metro-tramvia o il People Mover di Cofferati, la questione non è “politica” bensì squisitamente “urbanistica” e, perciò “trasportistica”, perché nel mondo attuale non c’è distinzione fra i due termini (ma è così, dai tempi della locomotiva a vapore). Concordo con Merola, cessiamo di essere provinciali! bene, diventiamo metropolitani!

 

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People Mover: la gestione e ATC Ugo Mazza 06-12-2011 L’Unità

 

Ugo Mazza   –    L’Unità  6 dicembre 2011

Come detto dall’Assessore Colombo i “conti” del People Mover saranno chiari a gennaio, per cui c’è ancora il tempo per far sì che i privati, e in particolare chi ha vinto la gara, realizzino e gestiscano per 35 anni il People Mover e poi lo consegnino a” a gratis” al Comune di Bologna.

Uso qualche riga per chiarire questo concetto, che volutamente anche da parte di importanti amministratori si vuol far credere sia un “pregiudiziale NO”.

Che il People Mover (PM) fosse una infrastruttura “privatizzata” lo ha deciso la Giunta Cofferati quando nel 2005 invece di utilizzare il Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) per collegare la Stazione con l’Aeroporto fece la gara in Project Financing dando così la possibilità ai privati di  realizzare e gestire questa infrastruttura.

La gara fu vinta dal Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC) e ci si aspetta che lo realizzi e lo gestisca con altri privati almeno fino al 2045: questo è l’impegno preso dal CCC vincendo la gara.

Poi si impara che a tale scopo è stata costituita una SpA, la Marconi Express, in cui CCC ha il 75% e l’’ATC il 25%; poi si scopre che i patti parasociali prevedono che al 2020 tutto il carico gestionale e finanziario cada sulle spalle di ATC con il CCC che esce dalla società.

Chiedo: perché il CCC abbandona l’impresa 20 anni prima e scarica i problemi finanziari sull’ATC?

Io preferivo il SFM, ma non sono contro il PM: chiedo che ATC esca dalla SpA “Marconi Express” per le stesse ragioni per cui scappa il CCC e nessun imprenditore privato-privato ne vuol far parte.

Ora, il mio timore è ancora più grande per le parole del Sindaco: ” Sfido …a trovare un privato che fa il trasporto pubblico a costi compatibili”.

Si badi, si parla dei contributi  pubblici annuali necessari per fare circolare bus e treni locali, quelli già scarsi e poi tagliati di oltre la metà dal Governo Berlusconi.

Ricordo che quando denunciammo questo pericolo, dalla Giunta Cofferati ci fu risposto che il PM si sarebbe fatto e gestito con risorse private:  “senza l’uso di un euro pubblico”.

Chiedo : la Giunta pensa di rendere compatibili i bilanci del PM usando parte di questi contributi, quindi tagliando i servizi o aumentando le tariffe per i bolognesi? Si pensa di coprire il 65 % dei costi di gestione del PM con contributi regionali? E’ questa la ragione per cui oggi si dice che “i conti del PM sono a posto”?

Faccio presente che l’Assessore regionale Peri ha detto pubblicamente che “Il PM non è tra i servizi minimi finanziati annualmente dalla Regione”. E allora?

In ogni occasione in cui se ne parla emerge con chiarezza che il SFM era meglio perché ogni soldo pubblico speso per gestire treni e i binari sarebbe andato a vantaggio di tutti i cittadini, di chi vola e di chi no: mentre quelli per il PM vanno solo a chi vola, e forse sempre meno data la crisi.

Non si vuole o non è possibile tornare al SFM? Si torni allora a quanto il Comune scrisse nel “bando di gara” e si trovino i privati-privati che lo costruiscano e lo gestiscano per 35 anni.

Così la città avrà la navetta per l’aeroporto e ATC non taglierà i servizi locali per finanziare il PM.

Come si vede non siamo contro il PM, ma contro la presenza di ATC al posto dei privati.

Speriamo che il Natale porti i buoni consigli e che i conti tornino senza ATC; e se l’opera non sarà economicamente sostenibile non sarà un dramma, c’è sempre il SFM.

 


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“Quando l’associazione sognava una “T” senza le automobili”.

Indovina chi viene a …passeggio

Non indovinereste mai da dove vengono le foto immaginarie di via Rizzoli ed Indipendenza che state vedendo. No, non sono i miei, i nostri, sogni catturati con fantascientifiche tecniche di imaging cerebrale, no, la loro fonte è, forse, ancora più incredibile. Erano in un dossier presentato ad un convegno tenuto a Bologna il 26 febbraio 2009 intitolato: “Un nuovo modello di mobilità per un nuovo progetto di città”, relatori quattro architetti, due di chiara e consolidata fama, Glauco Gresleri e Roberto Scannavini ed i promettenti figli d’arte Andrea Trebbi e Filippo Boschi. Il convegno e le proposte furono presentate nel magnifico salone dei Carracci di strada Maggiore 23, e a questo punto avrete già capito che era organizzato nientepopodimenoche dall’Ascom. Ad onor del vero il tutto faceva parte di una serie di attacchi portati al povero Teo/Civis, attacchi proditori visto che la sfortunata creatura era figlia del Sindaco Guazzaloca, il più amato dai commercianti, e la meravigliosa visione di una T tutta a disposizione dei pedoni presupponeva un Centro Storico interamente servito da minibus elettrici, sorvolando sul fatto che gli odiati “bisonti” scarrozzano quotidianamente nella T 77.000 persone e sostituirli con minibus comporterebbe un costo non sopportabile sia per l’economia pubblica sia per quella privata. Ma scoprire che, in fondo, i dirigenti dell’Ascom sognavano la stessa città che sognavo io, e tanti altri cittadini e residenti a Bologna, mi diede un piacevole shock, anche se su molte delle facce sedute nella sala assieme a me si notavano non pochi segni di perplessità. Ma, allora, cari  Postacchni, Di Pisa e soci, invece di contrapporvi con tanta veemenza alle proposte che, finalmente, Merola e Colomba hanno appena fatto alla città non vi sedete ad un tavolo, con i vostri consulenti, assieme alla Giunta ed ai suoi tecnici, per vedere se non è possibile realizzare il sogno che abbiamo scoperto di avere in comune? Quello di una città dove si possa passeggiare, circolare, camminare, lavorare, conversare, pensare, ammirare, vivere, insomma, senza essere assordati, avvelenati, arrotati, immersi, cioè, in un quotidiano inferno di motori a scoppio?

Paolo Serra

 

 

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