Pedonalizzare è una cosa i T-days un’altra paolo serra l’unità 22 luglio 2012

zone pedonali

I T-days hanno ben poco a che vedere con la pedonalizzazione del Centro Storico, sono solo un escamotage per evitare di farne delle vere.
Nelle aree pedonali europee entrano solo pedoni e tram (su rotaia), le bici vanno a mano, le consegne ai negozi si fanno con carrelli a mano da piazzuole esterne, i residenti debbono trovare un posto macchina esterno, auto di servizio solo in caso di emergenza. Il tutto 7 giorni su 7 per 365 giorni l’anno.
Gli amministratori bolognesi, inoltre, continuano ad intestardirsi su via Indipendenza, strada progettata nell’800 per unire la stazione al centro tramite omnibus, per ingolfare le strette strade medioeval-rinascimentali destinate a pedoni, cavalieri e carretti. La ingloriosa fine delle fioriere di Sassi è stata velocemente dimenticata? Se ne può vedere una coppia al Centro Sportivo Barca.
La doppia configurazione dell’assetto del TPL, frutto dei T days, non solo è altamente sconsigliata da qualsiasi manuale dei trasporti perché disorienta i fruitori ma costringe a sottoutilizzare (solo 5 giorni su 7) la costosa rete filoviaria che si cerca di installare con i fondi ex metro-tramvia.

Una soluzione razionale potrebbe consistere nell’utilizzo del rettangolo Indipendenza, Ugo Bassi, Marconi, Mille come circonvallazione interna e di interscambio del TPL, e nella eliminazione degli attraversamenti sull’asse della via Emilia, sostituito da Irnerio, a doppio senso, a Nord e Farini-Barberia-Malpighi, direzione ovest, Malpighi-Nosadella- Saragozza-Urbana-Marsili-Garibaldi-XII  Giugno direzione est, a Sud. Una navetta elettrica potrebbe percorrere il triangolo Maggiore, Ercolani, San Vitale. Si potrebbero così servire adeguatamente, tre grandi isole pedonali integrali:

a) il quadrante all’interno di Rizzoli, D’Azeglio, Farini, Castiglione,

b)le aree di Riva Reno (detombata dalla Grada a Marconi), Azzogardino,  e  Galliera (fino a Riva Reno)

c) Zona Universitaria.

Se ci fosse il tram di Vitali sarebbe anche meglio, ma, per ora, tocca accontentarsi dei filobus…

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In bici contromano: chi ha detto che è pericoloso? Paolo Serra l’Unità 15 aprile 2012

Controintuizioni: in bici contromano

La realtà, a volte, è contro intuitiva, e questo scombussola il nostro cervello mentre riceve le informazioni dai cinque sensi recettori (c’è chi dice siano di più ma lasciamo perdere  gli esoterismi). Per esempio il  cosiddetto “homo sapiens” (caro Linneo quanta fretta nel regalarci questo aggettivo, non sarebbe stato più adatto “credulus” vista la fortuna che la finzione, nelle sue mille forme, ha nelle nostre società, ben superiore alla sapienza?), il sapiens, dicevamo, ci ha messo decine di migliaia di anni prima di accorgersi che è la Terra che gira attorno al Sole, e non viceversa (e la Chiesa Cattolica addirittura 4 secoli di più) proprio perché alzando la testa credeva di vedere il Sole girargli attorno. Un fenomeno del genere sta sconvolgendo la testa di molti bolognesi all’annuncio che il Ministero dei Trasporti ha reso possibile pedalare in bicicletta contromano  nelle strade a senso unico larghe oltre 4,25 metri delle zone 30, cioè in tutto il Centro Storico (anche se ai 30 in centro ben pochi si adeguano), e l’assessore Colombo, ricevuto l’assist, ha subito affermato la propria adesione, segnando un bel canestro.   Risultato: alti lai da più parti per il supposto pericolo di incidenti, come se oggi girare in bicicletta non fosse pericoloso. Eppure basta riflettere un poco per osservare che, in questo modalità, visto che i ciclisti non hanno né occhi sulla nuca né specchietti retrovisori, le attenzioni messe in campo sono due anziché una, raddoppiando la possibilità di evitare un incidente. D’altronde lo stesso Codice della Strada vigente, per la stessa ragione, impone ai pedoni  stessi la mano sinistra quando percorrono strade senza marciapiedi. Il metodo inoltre è stato abbondantemente sperimentato in tante città, europee ed italiane, grandi e piccole, come Parigi e Reggio Emilia, da essere ormai al di sopra di ogni sospetto. Certo questa indicazione costringerà tutti, autisti, ciclisti ed anche i pedoni, ad una maggior attenzione nel circolare, con le mani sui rispettivi volanti e manubrii, e non attaccati ai cellulari o alle sigarette, e con gli occhi sulla strada e non rivolti verso il cielo per cercare concentrazione per rispondere a tono agli interlocutori. Nient’altro che una piccola benefica evoluzione verso la consapevolezza che una massa in movimento tende a mantenerlo e, perciò, va tenuta il più possibile sotto autocontrollo.

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MENU’ COMPLETO PER IL CENTRO paolo serra l’unità 8 aprile 2012

Uso strade centro storico Bologna

Pedonalizzazione del centro storico di Bologna: il menù è completo

Il 5 ottobre scorso commentando  primi week end pedonali a Bologna col titolo ironico/nostalgico “Tagliatelle di Domenica” chiedevamo che si arrivasse in fretta  anche al normale menù settimanale. Ora il menù è stato completato e, dopo un giro nei Quartieri del Centro Storico (forse ci sarebbe stata bene anche un’incursione in Bolognina fino a piazza dell’Unità e a Porto fino alla ferrovia), martedì 3 aprile in Sala Borsa è stato ufficializzato. Il piano “Di Nuovo in Centro” è un compendio di misure abbondantemente sperimentate in tutta Europa e le contestazione che riceve mostrano generalmente la corda di una visione del mondo anni ’50 completamente superata dai tempi: quella dell’auto privata come simbolo di stato sociale e di libertà individuale totale ed inalienabile, illusione che cozza inevitabilmente con le dimensioni fisiche non solo delle nostre ma anche delle città statunitensi, costruite per le automobili e che, ora, stanno abbattendo superstrade urbane per dotarsi di trasporti pubblici. C’è stato un tempo nel quale i bolognesi sono stati affascinati dall’idea di poter andare tutti in auto in piazza Maggiore ed ivi parcheggiare, dimenticando che non ce ne sarebbero state più di 250, e le altre 250.000 (n.b. dei soli residenti)? Per commentarlo restando nel campo della ironica nostalgia potremmo usare il vecchio detto del contadino che dopo aver pregato Sant’Antonio di far cessare la siccità, cosa tornata di moda di questi tempi, si vide i campi inondati da un’alluvione e sbottò nell’indimenticato: “Troppa grazia Sant’Antonio”. Sì, perché, forse, se ha un difetto, il piano DNiC è quello della ridondanza, difetto, peraltro, facilmente eliminabile durante l’attuazione che ci aspettiamo non segua i soliti canoni italici del rinvio continuo. Per esempio, visti i tempi finanziariamente grami, non pare prioritaria la “Tangeziale delle biciclette”. La geometria ci insegna che in un esagono, sebbene irregolare, il punto più breve per collegare due punti non passa certo per il diametro. Se il Centro diventerà il regno dei pedoni e dei ciclisti per andare da una radiale all’altra nessuno percorrerebbe i viali, con il problema dell’attraversamento dei casseri delle Porte, specie in tutta la zona a nord che comporta il superamento della ferrovia, e se le due radiali sono adiacenti perché spingersi fino ai viali? La ciclabile sulla circonvallazione ha senso reale solo fra Porta Saragozza e Porta Castiglione, che alle spalle hanno la collina, basta contare quanti usano il pezzo esistente fra Porta Mazzini e Porta San Vitale per trarre le dovute conclusioni. Un altro punto da esaminare molto attentamente è la diversificazione dei percorsi del trasporto pubblico fra la settimana lavorativa ed il week end. La norma del TPL ci insegna che ogni variazione di percorso dalla consuetudine fa perdere utenti, mentre la popolazione anziana di Bologna aborrisce i cambi di vettura, non solo per la fatica fisica ma anche per paura di sbagliarsi. L’Europa è piena di vaste zone pedonali dove girano tram e filobus, ma non le biciclette, se non a mano, noi abbiamo invertito l’usanza. Se l’obiettivo è di consentire a tutti l’accesso migliore possibile ad una zona piena di diversificate attrattività forse è il caso di rifletterci bene.

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Ma con più parcheggi si incentiva l’auto – paolo serra Unità 4 marzo 2012

Pedonalizzazioni: Proposte e Controproposte

 Si chiamano “ La città che vorremmo” le controproposte dell’ASCOM al “Progetto per una nuova pedonalità del centro città” della Giunta Merola. Non costituiscono certo una novità, furono presentate esattamente tre anni fa e io stesso ne scrissi su queste colonne il 1/3/09 ed anche il 7/12/11 ai primi accenni di una scomposta reazione di totale chiusura a quelle della Giunta, poi attutita dai risultati delle ricerche di mercato che segnalano una valanga di approvazioni. Gli estensori materiali, d’altronde, sono gli stessi, Boschi, Gresleri, Scannavini e Trebbi, un quartetto ben assortito, fra grandi nomi, specialisti, e promettenti figli d’arte. Sulle controproposte, come sul progetto peraltro, forse sarebbe saggio sospendere il giudizio. Troppo spesso nel Bel Paese le attuazioni sono incredibilmente stravolgenti. Certo che quando una pedonalizzazione parte con la previsione di un sistema di parcheggi qualche dubbio viene. Logica ed esperienza concordano nell’affermare che la disponibilità di parcheggio  aumenta la propensione all’uso dell’auto privata mentre la discussione dovrebbe vertere sulla dissuasione e diversione su mezzi pubblici, biciclette e pedonalità. La logica sarebbe più rispettata, se, contemporaneamente, venisse inibito il parcheggio lungo le sedi stradali. Fino ad oggi, però, questo non è avvenuto ed i parcheggi esistenti sono utilizzati mediamente al 27% del loro potenziale, con alti lai dei concessionari. Prima di farne altri non sarebbe meglio iniziare ad usare quelli che ci sono? In realtà pare che la città che vorrebbe l’ASCOM non sia molto diversa dal solito sogno di una città dove qualche centinaio di migliaia di automobilisti possa circolare dovunque e sempre. Sogno che contrasta con la legge fisica della impenetrabilità dei corpi e richiederebbe una quantità di sedi stradali pari a più della superficie dell’intero comune. C’è una foto di quando si parcheggiava ancora sul “crescentone” di Piazza Maggiore (mio figlio ed i suoi amici non ci volevano credere), non ci stavano più di 120 auto, ma che ululati quando fu chiusa. Infatti l’Ascom torna a riproporre la sostituzione dei “bisonti” con minibus, e, purtroppo anche la Giunta, in parte, si sta avviando su questo vicolo cieco. Non sarebbe ora di commissionare a qualche esperto, terzo, meglio se del nord-europa, uno studio serio, prima di vedere l’ATC, ora TPER, sommersa dai costi costretta a tagliare le corse o le linee?  Anche il tema dei diritti dei residenti non sopravvive alla logica. Non si capisce, infatti, perché al privilegio di abitare in una zona pedonale, privilegio testimoniato dall’aumento dei valori immobiliari e dei canoni, si debba accoppiare anche quello di transitarci con l’auto. In tutta Europa è obbligatorio il posto auto fuori dalla zona pedonale. La stessa cosa vale per le consegne ai negozi che avvengono su carrelli a mano da piazzole apposite esterne e per le auto di servizio. Per una città dove basta la presenza di un albergo per vedere parcheggiate auto sulla fiancata di San Petronio e Polizia o Carabinieri sotto l’Orologio di piazza Maggiore sarebbe una rivoluzione culturale, eppure avviene in tante città europee. L’Ascom è contraria anche alla inibizione totale ai motocicli, finalmente prevista dalla Giunta. Sorvolano sul fatto che Bologna è la città dei portici, sotto i quali si registra il famigerato effetto  canyon che fece terrificare i rilevatori del benzene all’interno dei negozi di via San Vitale e Strada Maggiore nel 2001. Forse è meglio ritirare fuori i dati, o aggiornare la ricerca. Credo che questi problemi andrebbero affrontati per il verso giusto: invece di fare proposte e poi cercare di attuarle per vedere l’effetto che fanno, non sarebbe meglio dichiarare degli obiettivi di rumore e di inquinamento chimico-fisico e, poi, agire finché non sono raggiunti, con l’aiuto dei migliori esperti del settore? Ovviamente questo dovrebbe valere anche per le progettazioni infrastrutturali, col metodo attuale si è visto cosa abbiamo combinato, e cosa stiamo per combinare.

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“Una scossa al virus dell’immobilismo che colpisce la città” paolo serra l’unità 3 dicembre 2011

Venti (e otto) anni dopo

Pare che questa volta, finalmente, ci siamo. Nientemeno che a 28 anni dal referendum sulla chiusura del Centro Storico di Bologna, stravinto dagli appiedati con oltre i due terzi dei consensi ed una straordinaria partecipazione, dalla prossima primavera una nutrita  mole di provvedimenti dall’amministrazione comunale cercherà di restituire a residenti ed ospiti in città le condizioni per  passeggiare, circolare, camminare, lavorare, insomma vivere, all’interno delle mura del trecento, cui erano abituati fino agli anni 50 del secolo scorso. Condizioni, certamente, più adatte delle attuali ad un ambiente urbano formatosi, a sud dell’asse Irnerio, Mille, Don Minzoni, in epoca medioevale e rinascimentale, quando neppure Leonardo avrebbe immaginato il rumore, il fetore, il pericolo e la congestione dovuti a  decine, o centinaia, di migliaia di motori a combustione interna accesi all’interno di una corazza di acciaio semovente di 7,8 q.li di peso ed altrettanti mq. di superficie, detta automobile, la divinità del 20° secolo, ora un po’ in declino. Puntuali come gli esattori delle tasse ( nei paesi civili, ovviamente, non in quello dei condoni costanti) si sono levati i soliti alti lai dei commercianti, negozianti, bottegai del Centro Storico (quanto meno della loro organizzazione di categoria alla quale non siamo mai riusciti a sapere quanti aderiscano) che lamentano inevitabili crolli di vendite e di redditività dei loro affari e rimpiangono i bei tempi quando il Crescentone di Piazza Maggiore era adibito a parcheggio, senza lamentele dei Sovrintendenti ai beni culturali. Bologna ha, storicamente, due record mondiali che la rendono unica e famosa al mondo oltre che per l’Università, i tortellini e la mortadella. Il primo: le progettazioni di edifici o infrastrutture  talmente ridondanti da non essere mai più portate a termine. La Garisenda, interrotta perché, troppo grossa, sprofondava. San Petronio, ridotto al transetto e decorato a metà. La circonvallazione del 1889, di cui esistono solo alcuni tratti strozzati. Ed ultimamente, il Teo/Civis di cui sapremo la fine al termine di una causa per danni destinata a durare almeno un decennio. Oppure, fortunatamente, mai iniziate come il Mab di Guazzaloca, la Metro-Tramvia di Cofferati e, speriamo, il People Mover. E’ angosciante notare che, da quasi un millennio, non riusciamo a prendere la misure alla città, ci deve essere un virus nascosto che periodicamente si risveglia e colpisce. Il secondo inspiegabile  record è quello di essere l’unica città al mondo dove le pedonalizzazioni portano miseria e degrado anziché incrementi dei valori immobiliari e dei volumi degli affari. Ma sarà proprio vero? Potremmo toglierci il dubbio chiedendo il parere agli operatori immobiliari di tutto il mondo, o, anche, solo a quelli di via D’Azeglio sud. Più difficile, temo, conoscere la realtà dei redditi dei commercianti. Purtroppo le denunce annuali non sono più pubblicate in rete, chissà perché. Le ultime sono del 2004 e chi le ha conservate può notare che in molti casi riesce difficile capire come mai il padrone guadagni meno del commesso o, anche, come sia possibile che venga tenuto aperto un esercizio che non garantisce neppure il minimo vitale, per qualcuno parrebbe necessario un intervento dei servizi sociali. Ma di chi sarà quella Mercedes che è sempre parcheggiata davanti al negozio? Vattelapesca… Io ho una proposta: garantiamo a tutti il livello dei redditi denunciato nel 2010, a patto che accettino di ospitare un controllore fiscale per almeno sei mesi. Credo che le lamentele cesserebbero d’incanto.

Paolo Serra

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