LA MOBILITA’ URBANA A BOLOGNA: MEGLIO GUARDARE AL FUTURO Marco Spinedi 14-04-2011 L’Unità

LA MOBILITA’ URBANA A BOLOGNA: MEGLIO GUARDARE AL FUTURO

Marco Spinedi*

 

Con l’approssimarsi delle elezioni ed in attesa dei nodi da sciogliere sul CIVIS, dall’omologazione-si-o-no alla presenza o meno di penali in caso di recesso, ecc., credo possano essere utili alcune riflessioni che guardino soprattutto al futuro. La questione centrale diventa quella di imparare dagli errori del passato, e possibilmente non ripeterli. E francamente, visti i risultati, qualche errore da qualche parte qualcuno deve averlo fatto. Si fa, altrimenti, fatica a capire per quale motivo, mentre Bologna passava attraverso 5 anni di Guazzaloca, 5 di Cofferati ed un paio fra Del Bono e Commissario Prefettizio senza concludere nulla, Padova e Firenze hanno progettato, realizzato ed inaugurato due tranvie. Malgrado sia a Firenze che a Padova non siano mancate polemiche, ritardi, conflitti di vario genere, in entrambe le città oggi sono in programma prolungamenti ed estensioni delle linee esistenti: 4 linee a Padova, il prolungamento di quella attuale e la costruzione di altre 2 a Firenze; soluzione quanto mai saggia, per l’effetto-rete che, come noto, moltiplica gli utenti, nonché per le economie di scala nell’acquisto, nella manutenzione e nell’impiego dei mezzi, e per i risparmi nei costi e nei tempi di realizzazione. La rivista Altro Consumo ha sancito tutto ciò in una recente inchiesta sul trasporto pubblico locale in 10 città italiane, dove il progetto di Padova si è classificato al primo posto.

A Bologna hanno pesato i cambi di maggioranza politica? Troppa fretta nelle decisioni? Consociativismo strisciante e per sua natura poco trasparente (ed evidentemente inconcludente), come ha tenuto a sottolineare l’ex procuratore di Bologna Enrico Di Nicola in una recente intervista? Probabilmente pesano anche questi motivi, ma ci terrei a sottolinearne altri, di natura prevalentemente tecnico – trasportistica, nella speranza che i nostri candidati a sindaco ci riflettano sopra e ne tengano conto nel dopo-elezioni.

Primo punto, di cosa si è parlato in questi 12 anni? Di Tranvia poi diventata CIVIS, di Metro-Tranvia Automatica, di People Mover. Già questa la dice lunga. Qualcuno mi trovi un’altra città di dimensioni simili che abbia realizzato un sistema di trasporto urbano basato su tre tecnologie diverse, tre squadre di autisti, meccanici, ecc. diversi, tre sistemi di manutenzione diversi e magari tre società diverse di gestione e sia sopravvissuta al fallimento economico-finanziario dell’intero progetto. Non credo ce ne sia una non in Italia, ma nel mondo intero …. Purtroppo, non sono stati i ripensamenti dell’amministrazione locale, né l’avvedutezza del governo centrale, quanto la crisi economico-finanziaria ed i conseguenti tagli alla spesa pubblica ad impedire che si andasse avanti su questa strada.

Secondo punto, dai tempi di Zangheri e compagnia, ci siamo dimenticati alcune regole-chiave della buona amministrazione in materia di trasporti ed infrastrutture che invece sarebbe bene ricordare. Quando si programmano interventi importanti come quelli citati, è buona norma che la fattibilità tecnico-economica dell’opera venisse eseguita, previa gara internazionale, da soggetti terzi non direttamente o indirettamente interessati alla sua realizzazione (meglio ancora se estranei alla città o addirittura stranieri). E che da essa scaturissero non una, ma almeno due o tre proposte alternative, fra le quali scegliere in modo aperto e trasparente la migliore. Non mi risulta che nulla di tutto ciò sia accaduto nel caso del CIVIS, né della Metro-Tramvia Automatica, né del People Mover. Un progetto ben ponderato e selezionato seriamente dà all’amministrazione pubblica un’autorevolezza nei confronti degli stessi cittadini, dei livelli amministrativi superiori, del sistema bancario e finanziario determinante per arrivare alla sua realizzazione in tempi e costi ragionevoli.

Terzo punto, quando ci si imbarca nella realizzazione di un’opera infrastrutturale i cui cantieri impattano per periodi più o meno lunghi su aree nevralgiche della città, la gestione dei possibili conflitti e la costruzione del consenso fra i cittadini sono operazioni impegnative (e purtroppo anche costose), al pari di quelle legate alla realizzazione delle opere civili e soprattutto vanno fatte con il dovuto tempismo. Come insegnano gli svizzeri o i tedeschi, se fatte bene, però, possono portare a risparmi importantissimi in tempo e denaro. Oltre che, successivamente, a maggiori incassi delle società di gestione: i cittadini-utenti, convinti della bontà del progetto, usano con più entusiasmo i nuovi servizi, lasciando a casa l’auto. Strasburgo, Lille, Grenoble, ecc. sono esempi interessanti, così come quello della più vicina Padova.

Quarto punto, il tempo, giudice rigorosissimo, in grado di mettere a nudo la bontà o meno di un progetto di trasporto, non essendo affatto neutrale nei suoi effetti: realizzare dopo 20 anni un progetto che sarebbe dovuto terminare molto prima dà risultati profondamente diversi da uno realizzato in tempi ragionevoli. Problema fra tutti, il rapido invecchiamento della soluzione tecnologica adottata, che nel caso del CIVIS è molto evidente. Invecchiamento che preclude a Bologna qualsiasi seria prospettiva di ampliamento della linea attuale, un limite molto grave, al contrario di quanto sta accadendo nelle altre città citate.

Firenze e Padova hanno applicato queste semplici regole fino in fondo? A giudicare dalle cronache cittadine, forse solo in parte e comunque non come si sarebbe dovuto. Quello che conta è che sono comunque arrivate a conclusione del proprio iter progettuale, adottando soluzioni che, alla luce dei risultati ottenuti, sembrano complessivamente condivisibili.

Infine, un breve suggerimento su cosa fare nei “primi cento giorni”, per riguadagnare credibilità nei confronti della cittadinanza, chiunque sia il candidato – sindaco che vinca le elezioni: un dibattito pubblico aperto e sereno per fornire alcune risposte su cosa accadrà alla mobilità cittadina, una volta finiti i cantieri del CIVIS. Quali soluzioni ha in mente l’amministrazione comunale nel ripensare all’intera rete di autobus della città ed alla sua piena integrazione con il futuro Sistema Ferroviario Metropolitano e con la nuova stazione di Bologna? Nel centro storico si potrebbe prospettare un maggiore utilizzo di mini-bus come quelli delle linee A, B e C, come molti cittadini auspicano, o il rapporto costi/ricavi lo rende impraticabile? Come collegare servizio pubblico e sosta e quali soluzioni si pensa di applicare per intervenire sulla cronica mancanza di parcheggi?

Per trovare risposte adeguate a queste domande, sono disponibili strumenti di programmazione che possono svolgere una funzione importante di indirizzo e di guida per riportare la città sui binari della buona amministrazione. Bologna ha approvato l’ultimo PUT, il Piano Urbano del Traffico, strumento di programmazione obbligatorio per qualsiasi città al di sopra dei 30mila abitanti, nel 2006; forse sarebbe il caso di pensarne un aggiornamento in tempi brevi. Diverse città, come Bergamo, Cagliari, Ferrara, Prato, ecc., si sono dotate anche del PUM, il Piano Urbano della Mobilità, “un insieme coerente di interventi infrastrutturali, tecnologici, gestionali ed organizzativi in grado di orientare lo sviluppo della mobilità (domanda e offerta) nel medio-lungo periodo”, come recita il documento introduttivo del PUM di Perugia.Vista la complessità dei problemi di Bologna, città universitaria, grande nodo ferroviario ed aeroportuale, dotata di una fiera importante e di altrettanto importanti poli ospedalieri, ecc., sarebbe forse il caso di proporlo. Potrebbe contribuire a segnare una chiara rottura con le amministrazioni precedenti, un “punto e a capo” rispetto ad un passato da dimenticare il prima possibile.

 

*Esperto di Economia e Politica dei Trasporti, membro del Consiglio di Amministrazione di FER

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *