“Inquinamento acustico, i palliativi non bastano” l’Unità 15 giugno 2013 paolo serra

rumore

 

Rumori temporanei e rumori costanti

Finalmente la Giunta del Comune di Bologna ha presentato il Regolamento Comunale per la Disciplina delle Attività Rumorose Temporanee, che si occupa, tra l’altro, di mettere dei tetti alle emissioni sonore delle attività di intrattenimento all’aperto che accompagnano, ormai da decenni, le notti estive. Regolamento complicato per la conflittualità degli interessi di organizzatori e spettatori contrapposti a quelli dei residenti delle zona interessate, che possono essere anche molto vaste. Mettere, giustamente, sotto controllo le attività rumorose temporanee, però, è solo una frazione, e non la più importante, del problema della vivibilità delle nostre città che, inoltre, col fenomeno dello sprawl, la famosa villettopoli, si sono espanse occupando quasi tutto lo spazio specie nelle zone di pianura. Il nostro stile di vita, infatti, assistito da un numero impressionante di motorizzazioni a scoppio sia per muoverci che per lavorare, ci sottopone costantemente ad uno stress uditivo che non ha precedenti nella storia della specie. I dati riportati dalla Mappatura Acustica del Comune di Bologna, http://www.comune.bologna.it/media/files/mappatura_acustica_bologna.pdf, sono impressionanti.  Solo 80mila abitanti stanno sotto quei 60 decibel diurni (dbA), che vengono considerati dalla OMS il limite delle zone residenziali, altri 85mila raggiungono  i 65 dbA, che sono il limite delle zone miste residenziali-produttive, e 86mila raggiungono i 70 che sono il limite delle zone esclusivamente industriali. Ma c’è di peggio, 65mila abitanti di Bologna vivono quotidianamente con un livello di 75 dbA e, addirittura, 25mila superano i 75. In sostanza almeno la metà dei bolognesi supera di gran lunga il livello di esposizione oltre il quale si aumentano i rischi di danni al sistema cardio-circolatorio, alle capacità cognitive e disturbi del sonno. I dati della esposizione notturna sono appena lievemente migliori, ma ci pensano le attività temporanee sparse in ogni piazza o parco a recuperare ampiamente. Chi vive lungo le radiali, vicino alla Tangenziale o alle sedi ferroviarie, o nel cono di decollo dell’Aeroporto vive sopra la propria pelle questa pericolosa situazione, come quelli che vivono nelle zone porticate dove l’effetto canyon amplifica inquinamento chimico ed acustico

Il nostro cervello, sottoposto a simili trattamenti, si difende adottando automaticamente dei filtri che attutiscono l’effetto sensibile, ma non quello sul sistema neuro-vegetativo. In pratica abbiamo la sensazione che non il livello del volume ci disturbi ma solo la sua variazione: un aereo a bassa quota di notte può svegliare di soprassalto una persona procurandole un aumento pressorio ma non viene quasi percepito da 30mila tifosi urlanti durante una partita di calcio. Nel sistema neuro-vegetativo, però, questi palliativi non producono effetti ed i rischi suddetti incombono. Crediamo di essere assuefatti e di non correre rischi ma basta fare mente locale e paragonare il livello delle emissioni sonore nelle sale cinematografiche odierne con quello di 50 anno fa per far sorgere il dubbio che siamo diventati tutti sordi (ma l’Arpa non fa mai controlli?).

Certo il problema non pare di facile soluzione e le nostre abitudini consolidate nel bene e nel male. Però la OMS e la UE hanno emesso linee guida che, se attuate, possono migliorare la situazione, in primis una inversione di tendenza verso modalità di trasporto meno impattanti: agevolazioni per la pedonalità e la ciclabilità, sviluppo del TPL con mezzi elettrificati silenziosi e non localmente inquinanti, tram e filovie a seconda della domanda di trasporto, regole specifiche per i punti più sensibili, scuole ed ospedali. Da fare ce n’è, altri paesi sono partiti prima, basta copiarne le misure…

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